giovedì 6 luglio 2017

Le ciliegie della memoria

Per una volta voglio parlare di me e di mia nonna Aurelia.
Ho avuto la fortuna di godermi una nonna per 44 anni della mia vita, da quando sono nato (vedova, viveva con suo figlio, cioè mio padre) fino a quando, a 101 anni, ha deciso di lasciarci... si perché secondo me lo ha deciso lei, che era un po' stanca di continuare a vivere senza poter essere attiva come un tempo.

Quindi, questa volta non vi parlo di una ricetta (di questo tipo ne trovate a iosa, in intentet): vi parlo di un ricordo: il ricordo di nonna Aurelia che saliva in casa dall'orto col grembiule pieno di ciliegie e, dopo averne messe da parte un po' da portare in tavola a pranzo, rovesciava le altre in un capiente "grilletto" (da noi si chiamano così le ciotole) pieno d'acqua e le lavava. Poi, con uno strofinaccio pulito e morbido (non esisteva la carta da cucina...) le asciugava amorevolmente ad una ad una senza pressarle o ammaccarle; quindi prendeva una "arbanella" (vaso in vetro col tappo a chiusura ermetica)... ma non un'arbanella qualsiasi: QUELLA arbanella, sempre la stessa di anno in anno, grande quattro volte le altre, col tappo a vite in plastica bordeaux... insomma, l'arbanella delle ciliegie, messa via pulita nella dispensa senza tappo, con la carta a chiudere la bocca, perché non entrasse polvere. 
Sì, lo so, la carta era quella "di giornale", l'HACCP non era nemmeno ancora stato inventato, ma insomma, si faceva con quel che si poteva.
Comunque, una sciacquata (veloce) e un'asciugata (accurata) all'arbanella e via alla preparazione: 
uno strato di ciliegie, uno di zucchero, uno di ciliegie, uno di zucchero... le quantità? semplice: uno strato di ciliegie, uno di zucchero, uno di ciliegie, uno di zucchero, fino a riempire l'arbanella.
Tutto lì... l'arbanella veniva chiusa ermeticamente col tappo bordeaux e messa sul "poggiolo" (il terrazzo di casa mia, che dava a sud ed era costantemente soleggiato); non veniva appoggiata per terra però, bensì su uno sgabellino di legno, quello fatto da mio nonno Carlo (Carlein, nel dialetto di casa) che però era il papà di mia mamma e aveva fatto per tutta la vita il falegname.
... e l'arbanella stava lì, per 40 giorni, al sole (o all'acqua, se pioveva, ma restava sempre lì).
Quasi ogni giorno (quando si ricordava), nonna Aurelia andava a rigirarla e pian piano lo zucchero si scioglieva, in un liquido rosso rubino e denso...
A me bambino affascinava vedere la trasformazione che avveniva dentro a quel vaso, solidi trasformati in liquidi grazie alla sola forza del sole; e quelle ciliegie che non andavano a male, non marcivano, ma si apprestavano a diventare una delle cose che più mi piacevano al mondo.
Dopo 40 giorni l'arbanella veniva ritirata dal poggiolo e veniva messa in cantina, al fresco e al buio, dove rimaneva per almeno un mese, prima che mi fosse permesso anche solo di avvicinarmici...

Sto sorridendo, perché al ricordo della voglia che avevo, in attesa che venisse il momento di aprirla, mi viene l'acquolina ancora adesso, mentre sto scrivendo... 

Ora, con un salto temporale di decenni, che piacerebbe molto ai registi "bravi", veniamo ai giorni nostri.
L'undici giugno, tornando dalla sagra delle ciliegie di Garbagna (per chi non lo sapesse, sui colli tortonesi, tra val Borbera e val Curone, nota per la sua eccellente produzione di ciliegie, ma non solo), tornando da Garbagna, dicevo, con una cassetta di ciliegie sode, rosse e mature, ecco l'illuminazione: quest'anno metto le ciliegie sotto zucchero, come faceva nonna Aurelia. Detto, fatto!

E quello nella foto è il risultato, dopo poco meno di un mese. Non è più l'arbanella della nonna (il tappo bordeaux di plastica si è rotto da tanti anni), il sole non è quello del poggiolo di casa dei miei, ma quello del giardino della mia casa attuale, l'arbanella non è appoggiata sullo sgabello di nonno Carlein (lo sgabello, quello sì che è ancora sul poggiolo di casa di mia mamma) ma è appesa alla recinzione/sostegno zucchine del nostro splendido orto (che vedete in secondo piano e di cui si occupa Stefano, ma questa è un'altra storia...).






Tra una decina di giorni toglierò l'arbanella da fuori, la metterò in un luogo buio, fresco e asciutto... e aspetterò... almeno un mese... con l'acquolina in bocca... e nelle orecchie la voce di nonna Aurelia che dice:

Lasle stò, ch'in son 'ncu prounte!...  

... e se avete bisogno della traduzione, scrivetemi!

Roberto

1 commento:

  1. Che meraviglia i ricordi. Sono proprio quelli che rendono le ricette antiche ancora più preziose...
    Io sto provando a farle, ne ho tre vasi come il tuo nella foto. Purtroppo, però, forse qualcosa è andata storta perchè uno dei tre ha il tappo gonfio e quindi ha sviluppato gas e sta fermentando. Secondo te che cosa può essere successo? E se non possono essere "sicure", pensi che se le faccio cuocere e faccio una marmellata posso recuperarle?

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