domenica 1 luglio 2018

Digerire con gusto


Ciao amici buongustai.

L'altra mattina, passeggiando nel mio giardino mi sono fermato accanto all'angolo delle erbe aromatiche e ho stabilito che è venuto il momento di mettere in cantiere il "mio" amaro





Detto, fatto! Mi armo di forbici e vado a raccogliere. Un rametto di qua, qualche foglia di là e l'insieme di erbe fresche è pronto.
Finito? No di certo! Alle erbe vanno aggiunti altri ingredienti che completeranno l'armonia del gusto. Controllo i miei appunti, la "mia" ricetta: sì, c'è tutto. Ora non resta che mettere gli ingredienti nel barattolo sterilizzato.

Qualcuno dirà: tutto insieme???
Ebbene sì, prove alla mano, dosando bene tutti gli elementi, il risultato sarà gradevole ed equilibrato.

Aggiungo quindi l'alcol 95° e chiudo ermeticamente. Agito un po' il tutto, lo etichetto scrivendo di che cosa si tratta, la data odierna di messa in infusione alcolica e la data prevista di riapertura per la prossima fase. Porto il barattolo nella dispensa buia e asciutta dove riposano altri infusi e mi allontano con soddisfazione. 


10 giorni di attesa... 

Finalmente posso passare all'ultima fase: preparo lo sciroppo di zucchero e lo lascio raffreddare. Filtro l'alcol col colino a maglia fitta. Il liquido è verde scuro e le erbe hanno perso tutto il loro colore insieme agli olii essenziali. Mescolo l'infuso allo sciroppo di zucchero. Imbottiglio e lascio riposare al buio per una settimana. Nelle bottiglie si forma un deposito che elimino passando tutto attraverso il filtro in carta da caffè americano.
Ed ecco il risultato:
Direte: ma dov'è il bel liquido verde? 
Ebbene sì, il mio amaro alle erbe cambia colore... In teoria invecchiando si modifica ulteriormente... ma da noi gli infusi non invecchiano mai...

La ricetta? Per una volta non la rendo pubblica, ma chi volesse approfondire può sempre scrivermi tramite il blog.

Ah, a proposito. Mentre concludo il post, sorseggio un po' della penultima produzione (questo è quello che ne rimane...)

L'importante è bere poco ma bere bene.

Roberto




giovedì 6 luglio 2017

Le ciliegie della memoria

Per una volta voglio parlare di me e di mia nonna Aurelia.
Ho avuto la fortuna di godermi una nonna per 44 anni della mia vita, da quando sono nato (vedova, viveva con suo figlio, cioè mio padre) fino a quando, a 101 anni, ha deciso di lasciarci... si perché secondo me lo ha deciso lei, che era un po' stanca di continuare a vivere senza poter essere attiva come un tempo.

Quindi, questa volta non vi parlo di una ricetta (di questo tipo ne trovate a iosa, in intentet): vi parlo di un ricordo: il ricordo di nonna Aurelia che saliva in casa dall'orto col grembiule pieno di ciliegie e, dopo averne messe da parte un po' da portare in tavola a pranzo, rovesciava le altre in un capiente "grilletto" (da noi si chiamano così le ciotole) pieno d'acqua e le lavava. Poi, con uno strofinaccio pulito e morbido (non esisteva la carta da cucina...) le asciugava amorevolmente ad una ad una senza pressarle o ammaccarle; quindi prendeva una "arbanella" (vaso in vetro col tappo a chiusura ermetica)... ma non un'arbanella qualsiasi: QUELLA arbanella, sempre la stessa di anno in anno, grande quattro volte le altre, col tappo a vite in plastica bordeaux... insomma, l'arbanella delle ciliegie, messa via pulita nella dispensa senza tappo, con la carta a chiudere la bocca, perché non entrasse polvere. 
Sì, lo so, la carta era quella "di giornale", l'HACCP non era nemmeno ancora stato inventato, ma insomma, si faceva con quel che si poteva.
Comunque, una sciacquata (veloce) e un'asciugata (accurata) all'arbanella e via alla preparazione: 
uno strato di ciliegie, uno di zucchero, uno di ciliegie, uno di zucchero... le quantità? semplice: uno strato di ciliegie, uno di zucchero, uno di ciliegie, uno di zucchero, fino a riempire l'arbanella.
Tutto lì... l'arbanella veniva chiusa ermeticamente col tappo bordeaux e messa sul "poggiolo" (il terrazzo di casa mia, che dava a sud ed era costantemente soleggiato); non veniva appoggiata per terra però, bensì su uno sgabellino di legno, quello fatto da mio nonno Carlo (Carlein, nel dialetto di casa) che però era il papà di mia mamma e aveva fatto per tutta la vita il falegname.
... e l'arbanella stava lì, per 40 giorni, al sole (o all'acqua, se pioveva, ma restava sempre lì).
Quasi ogni giorno (quando si ricordava), nonna Aurelia andava a rigirarla e pian piano lo zucchero si scioglieva, in un liquido rosso rubino e denso...
A me bambino affascinava vedere la trasformazione che avveniva dentro a quel vaso, solidi trasformati in liquidi grazie alla sola forza del sole; e quelle ciliegie che non andavano a male, non marcivano, ma si apprestavano a diventare una delle cose che più mi piacevano al mondo.
Dopo 40 giorni l'arbanella veniva ritirata dal poggiolo e veniva messa in cantina, al fresco e al buio, dove rimaneva per almeno un mese, prima che mi fosse permesso anche solo di avvicinarmici...

Sto sorridendo, perché al ricordo della voglia che avevo, in attesa che venisse il momento di aprirla, mi viene l'acquolina ancora adesso, mentre sto scrivendo... 

Ora, con un salto temporale di decenni, che piacerebbe molto ai registi "bravi", veniamo ai giorni nostri.
L'undici giugno, tornando dalla sagra delle ciliegie di Garbagna (per chi non lo sapesse, sui colli tortonesi, tra val Borbera e val Curone, nota per la sua eccellente produzione di ciliegie, ma non solo), tornando da Garbagna, dicevo, con una cassetta di ciliegie sode, rosse e mature, ecco l'illuminazione: quest'anno metto le ciliegie sotto zucchero, come faceva nonna Aurelia. Detto, fatto!

E quello nella foto è il risultato, dopo poco meno di un mese. Non è più l'arbanella della nonna (il tappo bordeaux di plastica si è rotto da tanti anni), il sole non è quello del poggiolo di casa dei miei, ma quello del giardino della mia casa attuale, l'arbanella non è appoggiata sullo sgabello di nonno Carlein (lo sgabello, quello sì che è ancora sul poggiolo di casa di mia mamma) ma è appesa alla recinzione/sostegno zucchine del nostro splendido orto (che vedete in secondo piano e di cui si occupa Stefano, ma questa è un'altra storia...).






Tra una decina di giorni toglierò l'arbanella da fuori, la metterò in un luogo buio, fresco e asciutto... e aspetterò... almeno un mese... con l'acquolina in bocca... e nelle orecchie la voce di nonna Aurelia che dice:

Lasle stò, ch'in son 'ncu prounte!...  

... e se avete bisogno della traduzione, scrivetemi!

Roberto

venerdì 27 maggio 2016

C'è CARBONARA e CARBONARA

Con Stefano da tempo accarezziamo l'idea di proporre un corso di cucina dal titolo "C'è carbonara e carbonara". La carbonara è un classico della nostra cucina, in realtà tutt'altro che facile da realizzare... ma (e non me vogliano i "puristi") mi fanno impazzire le varianti. Questa sera, non avendo corsi e potendoci sbizzarrire "inter nos" (per me, Anna e Cristina),  Stefano si è espresso in una "Carbonara agli asparagi e prosciutto cotto".
Non fate caso alla qualità della foto; è fatta al volo col telefonino, ma vi garantisco che il risultato agli occhi e al palato è  stato GRANDIOSO!!!

Dài, visto che siete bravi, ecco la ricetta per quattro persone:

Ingredienti:
400 gr di penne
1 mazzo di asparagi (circa 500 gr)
150 gr di prosciutto cotto
1/2 cipolla
100 gr di parmigiano
4 tuorli 
50 gr di pancetta
Olio EVO qb
Sale e pepe

Preparazione:
Mettere l'acqua sul fuoco per la pasta, aggiungendo il sale grosso come sempre (10 gr per litro). Siccome esistono 2 scuole di pensiero, su quando salare l'acqua (quando capita o dopo che ha preso a bollire?) sapete cosa vi dico? Salatela un po' quando volete😉...
In una padella fate soffriggere in 3 o 4 cucchiai d'olio la cipolla tagliata fine, la pancetta tagliata a cubetti e gli asparagi a rondelle.  Più che soffriggere, gli ingredienti dovranno stufare, sudare a fuoco lento.
Nel frattempo buttate (o calate, come dice Anna) la pasta nell'acqua in ebollizione.
Quando cipolla e pancetta saranno quasi trasparenti, controllare la consistenza degli asparagi: dovranno essere cotti ma ancora lievemente croccanti. A quel punto aggiungete il prosciutto cotto tagliato a dadini ed amalgamate il tutto per un paio di minuti, poi spegnete il fuoco.
Attendete che la pasta sia cotta e passatela con un "ragno" o una schiumarola nella padella (a fuoco rigorosamente spento, mi raccomando...); a questo punto aggiungete i tuorli precedentemente sbattuti con una frusta a mano (o una forchetta) e amalgamate bene il tutto aggiungendo qualche cucchiaio di acqua di cottura.
Servite subito con una spolverata di parmigiano e una macinata di pepe nero. Non abbiamo voluto utilizzare il pecorino romano (che trattandosi di carbonara sarebbe "la morte sua") perché rischierebbe di soffocare un po' il gusto delicato degli asparagi. Abbiamo preferito un parmigiano poco stagionato.

Ho dimenticato qualcosa? Ah, sì... ci abbiamo bevuto Gavi ben freddo...

Quindi, che altro dire? Anche quando siete da soli o semplicemente in famiglia, cucinate, non fate solo da mangiare...

Buona tavola a tutti.

Roberto
#carbonara # pasta #cookingclass

mercoledì 25 maggio 2016

Muscoli in mezze maniche


Oggi pubblichiamo la ricetta dell'amico Dino Perrone https://www.facebook.com/chefdinoperrone/ vincitore 1° classificato, del concorso culinario Mytiliade 2015, che si svolge a Lerici (La Spezia) ogni anno.
A lui ci accomuna la passione verace della cucina, la cura nella scelta degli ingredienti che compongono le nostre ricette e l'amore per la cucina Italiana. In questa ricetta troverete ingredienti semplici come il pomodoro pachino,  genuini come il pecorino Romano, profumati come il Basilico Ligure Dop, capaci di emozionare con il loro sapore deciso come i muscoli di La Spezia.
La ricetta
Ingredienti per 4 persone
800 gr di Muscoli di La Spezia
400 gr di Mezze maniche rigate
300 gr di Pomodoro pachino
1 Bouquet di Basilico di Prà d.o.p.
50 gr di Pecorino Romano
30 gr di Pistacchi di Bronte
2 spicchi di aglio
Olio E.v.o.
Sale

Iniziamo a pulire i muscoli, privandoli da incrostazioni e bisso (la barba esterna) sciacquare con acqua pulita più volte. In una padella capiente mettete olio e uno spicchio d'aglio, fate soffriggere e aggiungete i muscoli, coprite con un coperchio per farli aprire più velocemente circa 4\5 minuti. Sgusciate quindi i muscoli e abbiate cura di tenere i più belli da parte per decorazione, filtrate quindi l'acqua di cottura dei muscoli e tenetela da parte. Lavate anche i pomodori pachini e praticatevi un'incisione a croce, sbollentateli in acqua bollente per 1\2 minuti e immergeteli in una boul con acqua fredda e ghiaccio, privateli della buccia e dei semi. In padella mettere olio e.v.o. e uno spicchio d'aglio con la camicia, rosoliamo e aggiungiamo il pomodoro pachino, a poco a poco versate in padella l'acqua di cottura dei muscoli e portiamo a cottura il pomodoro. Fate attenzione al sale che mettete nell'acqua di cottura della pasta, poichè l'acqua dei muscoli e salata di suo !! Scolate le mezze maniche al dente, versate nel sugo aggiungete i muscoli sgusciati, il basilico tritato e poca acqua di cottura a mantecare il tutto.  Impiattate caldo, guarnendo con una generosa grattuggiata di pecorino e una spolverata di pistacchi tritati, guarnite infine con i muscoli con il guscio e foglie di basilico fresco.
Buona tavola a tutti !
#Muscoli #pasta #ricetta #recipe #recette





giovedì 19 maggio 2016

Il Marò di fave (pestön de basann-e )


Quanti di voi conoscono il Marò di fave ? Ahime credo pochissimi ! 
Parente di mortaio del Pesto ben più conosciuto, viene in mente ai Genovesi,  solo in questa stagione che di fave è ricca. Si perché per fare il Marò occorrono fave fresche!
Ha origini antiche e molto umili risalenti alle famiglie contadine che preparavano il "pestön"  per insaporire il pane secco. Si utilizzava anche per condire lo stoccafisso o il baccalà poiché a quei tempi la carne era un lusso che pochi si potevano permettere.  Si presta a essere consumata sia come salsa, per condire la pasta, (vi consiglio una trenetta avvantaggiata) ottima salsa per accompagnare un bel piatto di salame sant’Olcese, formaggi freschi o semi stagionati e qualche pezzetto di focaccia.


La tradizione vuole che sia fatta rigorosamente al mortaio, ma vale la regola del Pesto, se siete abituati a farlo con il frullatore, potete farlo anche così.
Vediamo assieme gli ingredienti e la sua preparazione:

Ingredienti per 4 persone:

Aglio 1 spicchio
Fave sgranate 150 gr. (circa 500 grammi con la buccia)
Pecorino grattugiato 75 gr.
Olio extravergine di oliva 70 ml (mezzo bicchiere)
Menta fresca 3 o 4 foglie
Sale grosso qualche grano
Pepe bianco macinato se vi piace


Per preparare il pesto di fave come si faceva all'antica, munitevi di un mortaio e di un pestello (in alternativa andrà bene un frullatore).Sgranate le fave che devono essere freschissime, privatele della buccia esterna più dura e mettetele in una ciotola.
Nel mortaio mettete l’aglio, unite qualche grano di sale grosso e pestate fino a ridurre l’aglio in crema. Quindi versate le fave un po' alla volta nel mortaio e cominciate a ridurle in crema facendo pressione con il pestello sulle pareti del mortaio e ruotandolo da sinistra verso destra; contemporaneamente ruotate il mortaio in senso contrario (da destra verso sinistra), prendendolo per le "orecchie" , ovvero per le 4 sporgenze tondeggianti che caratterizzano il mortaio stesso.
Le fave schiacciandosi, trasuderanno molto liquido: per poter lavorare bene, aggiungere un po' di   pecorino alla volta, in modo da assorbire il liquido in eccesso e riuscire a ottenere una bella cremosità. Continuate a pestare gli ingredienti con il pestello, unite poi le foglie di menta che potete spezzare con le mani e continuate a pestare. Quando anche le foglie di menta saranno triturate, unite l’olio a filo continuando a mescolare, fino ad ottenere una crema omogenea. Se utilizzate il frullatore potete mettere tutti gli ingredienti insieme e frullate. Per ultimo aggiungete il pecorino.
Una volta lessata la pasta , scolatela tenendo da parte un mestolo di acqua di cottura, e conditela con il pesto di fave aggiungendo se serve un po' di acqua di cottura.
Buona tavola a tutti !






 





martedì 17 maggio 2016

La "Bella di Garbagna"

Come abbiamo sempre detto, su queste pagine e fatto nel nostro quotidiano, una delle nostre "missioni" è valorizzare i prodotti del nostro bel territorio e in generale, diffondere il verbo della cucina italiana.
Parliamo oggi della "Bella di Garbagna"(http://www.ciliegiagarbagna.com/) una delle migliori varietà di ciliegie Italiane che presto potremo gustare, con l'arrivo della prima estate. Come ogni prodotto di eccellenza è presidio slowfood  http://www.fondazioneslowfood.com/it/presidi-slow-food/bella-di-garbagna/  buonissima da mangiare al naturale, ma versatile e sfiziosa in cucina. Ecco qua per voi una ricetta facile, veloce e di sicuro successo.
Risotto alla "Bella di Garbagna"

Ingredienti per 4 persone:
  • 400 g di riso Carnaroli
  • 100 g di burro
  • 100 g di Parmigiano Reggiano grattuggiato
  • 1/2 cipolla finemente tritatata
  • 1 bicchiere di "Gavi di Gavi"
  • 1 litro e mezzo di brodo bollente vegetale (non di dado per favore!!)
  • 400 gr di ciliegie di Garbagna
  • sale e pepe nero

Fate sciogliere, a fuoco lento, 50 gr di burro, aggiungete la cipolla e fatela imbiondire mescolando  con un cucchiaio di legno.
Aggiungete il riso e girandolo sempre, fategli bene assorbire il burro. A questo punto alzate il fuoco e sfumate con  metà bicchiere di Gavi, lasciate evaporare, aggiungete poi 2 mestoli di brodo bollente; mescolate sempre e, quando questo sarà quasi assorbito, aggiungete le ciliegie snocciolate
e a pezzetti (lasciatene una decina per la decorazione) con altri 2 mestoli di brodo. Aggiustate di sale. Questa operazione verrà ripetuta per 3 o 4 volte. Per una cottura ottimale al dente bastano altri 10 minuti.
Una volta cotto, a fuoco spento, mantecate il riso con il burro e il parmigiano. Una spolverata di pepe e lasciate riposare per 2\3 minuti in modo che possa mantecare bene.
Preparate il piatto con il risotto caldo, facendo un incavo al centro di esso, adagiatevi le ciliegie intere di decorazione e versate nel foro un pò di Gavi.
Servite e gustate!
Buona tavola a tutti

A presto
.


 

domenica 22 marzo 2015

VARIAZIONE DI ORARIO DEI CORSI

Ciao a tutti.
Come sempre siamo molto attenti alle vostre indicazioni e da più parti ci è giunta richiesta di posticipare lo svolgimento dei corsi in ORARIO SERALE.
Ed eccovi accontentati. I prossimi corsi, della durata invariata di 3 ore, inizieranno alle 18:30.
Ecco la locandina modificata:
Se riuscite a riunire gruppi (anche piccoli) di appassionati, resta come sempre la possibilità di organizzare CORSI PERSONALIZZATI per ARGOMENTI e in ORARI specifici, al di fuori delle nostre proposte.
A presto
Anna